Sopra. Fonte: Guida degli UCCELLI d’Europa, Nord Africa e Vicino Oriente. Lars Svensson, Killian Mullarney, Dan Zetterstrom. Ricca Editore

                 

                                             

Avvistamenti migrazioni e nidificazione nel lago di Bolsena e nel Lazio

AQUILA DI MARE

Chi poteva crederci… A maggio 2022 (mese eccezionale per i ‘visitatori’-vedi Mignattino ali bianche e Sterna comune), il più esperto, e probabilmente il ‘guru’ dei fotografi faunistici della Tuscia, Pietro Iannetta, ha fotografato sopra il lago di Bolsena, l’Aquila di Mare, gigante dei cieli (200-240 cm di apertura alare), di incerta nidificazione in Italia, dopo essere scomparso dalla Sardegna e Corsica, dove nidificava fino a metà dello scorso secolo. Lo ringraziamo anche perché riesce sempre a dare dei titoli alle splendide e ricercate foto,  sempre creativi e soprattutto ‘dentro’ la dinamica della foto. Pietro, ha augurato (per l’aquila), di aver trovato adeguato pasto sul pelo delle acque del lago.

L’aquila è enorme, forse è inanellata (dalla foto non si vede), comunque, essendo errante di corto-medio raggio, è probabile abbia nido in centro Italia.  Speriamo.

Vederlo nei nostri cieli è una fortuna inaspettata. Torna a trovarci!

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Sotto: Testo da:

Guida degli UCCELLI d’Europa, Nord Africa e Vicino Oriente. Lars Svensson, Killian Mullarney, Dan Zetterstrom. Ricca Editore

Aquila di mare (Huliaeetus Albicilla)

 

  1. 76-92 cm AA. 190-240 cm.

Nidifica lungo le coste marine dell’Europa e in grandi laghi fiumi. Scarsa e localizzata (tranne localmente in Norvegia).  In Italia segnalazioni irregolari in inverno.

Ad. soprattutto sedentari.

juv. migratori di corto-medio raggio o erratici. Grande nido sulla cima di alberi o scogliere: usato di anno in anno.

  1. Molto grande. sembra più un avvoltoio che un’aquila in virtù delle ampie ali squadrate e ‘dita’ molto lunghe e ben digitate.

 

 

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Sotto, testo da:  Sardegna foreste               : www.sardegnaforeste.it

AQUILA DI MARE

 

La popolazione nidificante italiana si è estinta dopo la metà del XX secolo (specie in Sardegna, dove si contavano – all’inizio del 1900 – qualche decina di coppie, insediate soprattutto in prossimità delle coste meridionali dell’isola, ma anche nell’Oristanese e in Ogliastra). Circa contemporanea è stata l’estinzione della specie in Corsica, mentre del tutto incerti anche in passato erano casi di nidificazione in Liguria, Campania e presso uno dei maggiori laghi prealpini. La popolazione migratrice e svernante, tuttora esistente pur senza che vi siano siti regolarmente occupati, origina in nord Europa: almeno tre immaturi inanellati ripresi o rivisti in Italia consentono di collegare le presenze nazionali a zone riproduttive situate lungo le coste meridionali e orientali del Baltico. Le dimensioni della popolazione svernante sono dell’ordine delle poche unità di individui.

Origine zoogeografica:

Euroasiatica

Areale di distribuzione:

Riproducentesi nell’isola approssimativamente fino alla fine degli anni ’50 primi anni ’60, questa specie non è verosimilmente mai stata abbondante, essendo la Sardegna ai margini dell’areale di distribuzione (regione Paleartica Nord-Orientale). Nel 1991 un soggetto immaturo ha stazionato per alcuni giorni presso il promontorio di Capo Caccia, durante la stagione invernale.

Identificazione:

Apertura alare 200-240 cm. E’ una grande aquila tozza e pesante. Ali molto grandi, larghe e rettangolari. La grossa testa che sporge notevolmente dal corpo rappresenta un carattere distintivo per il riconoscimento della specie. Gli adulti hanno la coda bianca, di forma cuneiforme e piuttosto corta, testa e collo bianchi o crema con becco prominente giallo pallido con cera gialla. Corpo marrone; superiormente presenta delle screziature marroncino-giallastre. Le remiganti primarie sono grigio-brune alla base e quasi nere in punta. Le secondarie scure. Le copritrici superiori ben più chiare delle remiganti. Inferiormente è marrone-grigio scuro. Il bianco crema della testa sfuma gradualmente in un bruno pallido nell’alto petto che va via via inscurendosi. Il piumaggio tende con l’età ad acquistare toni più chiari. Iride gialla. I tarsi nudi e gialli come le zampe. I giovani sono nel complesso caratterizzati da tinte più scure. Il volo è lento e pesante con battiti poco profondi e planate meno frequenti rispetto alle altre aquile.

Habitat:

Predilige ambienti con coste rocciose alte o acque interne piuttosto isolate. Durante il volo tiene le ali tese e volteggia in modo simile agli Avvoltoi. La dieta è molto varia a seconda della zona e della stagione e va dai pesci catturati sul pelo dell’acqua ai mammiferi di medie dimensioni ed uccelli. Spesso non disdegna carcasse di animali comprese quelle di grandi cetacei arenati che costituiscono l’alimento base durante il periodo invernale.

Riproduzione:

Nidifica sulle scogliere o sui pinnacoli rocciosi ed eccezionalmente a terra. La deposizione delle uova (1-4) avviene nel periodo di gennaio-aprile.

Status di conservazione:

Estinta nel territorio regionale, purtroppo, dalla seconda metà del secolo scorso.

Grado di protezione:

Convenzione di Berna, All. III; DIR. CEE 409/79, All. I; L.R.23/98.

 

 

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Sotto, testo da:  Wikipedia

 

Aquila di mare o Aquila di mare codabianca  (Haliaeetus albicilla, Linnaeus, 1758)

 è un grande uccello rapace della famiglia degli Accipitridi, diffuso in Europa settentrionale, in Europa orientale e in Asia.

Haliaeetus albicilla raggiunge una lunghezza di 70–92 cm circa. Alcuni esemplari possono presentare capo, collo e coda più chiari. Solitamente ha cervice grigio e non dorata, grande apertura delle larghe ali, coda breve e cuneiforme di colore bianco.

Biologia Alimentazione

Si ciba di pesci, di mammiferi e rettili di varie dimensioni, vola bassa sulle acque per catturare il pesce in superficie, talora si tuffa parzialmente.

Volo: Dispiega volo tardo e poco agile, con lente battute d’ala.

Distribuzione e habitat

Una specie diffusa in Europa settentrionale, soprattutto in Norvegia e Russia, ove è presente oltre le metà dell’intera popolazione europea, ma anche in Groenlandia, Danimarca, Svezia, Polonia e Germania. Piccole popolazioni sono segnalate anche in Islanda, Gran Bretagna, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Moldavia e Grecia; il suo areale si estende in Asia, attraverso la Turchia e il Medio Oriente sino alla Mongolia, la Cina e il Giappone. In Italia si riproduceva in Sardegna, dove si è estinta come nidificante nel 1956.

Conservazione

È specie rara, in diminuzione, che esige protezione assoluta. La popolazione mediterranea è quasi estinta. È specie particolarmente protetta ai sensi della legge 157/92[3]. La sua conservazione è insidiata da molte cause avverse, tra cui bracconaggio, cattura dei nidiacei, azione degli insetticidi, bocconi avvelenati, ma soprattutto dalla perdita di coste marine selvagge, oggi occupate da numerosi villaggi turistici, dalla distruzione di boschi, paludi, foci dei fiumi e dalla contaminazione delle acque interne.

Fonte : wikipedia

 

Fonte: Nuovo atlante degli uccelli nidificanti nel Lazio

 

 

  • Ascolta il canto dell' Aquila di mare
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video in costruzione

Sterna comune (Sterna hirundo, LINNAEUS  1758)

 

Ordine: Charadriiformes  Famiglia: Sternidae

Dall’America settentrionale ai Caraibi, dall’Europa al nord Africa, fino a Medio Oriente e Siberia. La Sterna comune è diffusa praticamente in tutto l’emisfero settentrionale del globo. Altre sottospecie abitano la Siberia orientale, quindi l’Asia centrale fino a Cina e Mongolia.

Il suo nome deriva dal fatto che risulta in assoluto la Sterna più diffusa in Europa, soprattutto nell’area settentrionale e orientale, nonché lungo le coste dei Paesi che si affacciano sull’Atlantico. Procedendo verso il centro e il sud d’Europa, la sua distribuzione diventa più irregolare, e interessa principalmente le acque interne e le coste mediterranee.

L’Italia vede la presenza della Sterna comune principalmente nell’alto Adriatico, in Friuli-Venezia Giulia e in Sardegna. Quindi nell’intera Valle Padana, nell’area prospiciente il corso del Fiume Po. Per la Sterna comune il nostro Paese è sia un luogo adatto per costruire il nido sia un usuale corridoio di passaggio durante la fase della migrazione. Pochissimi, per la verità, gli individui svernanti sulle nostre coste: la gran parte della popolazione europea di Sterna comune sverna infatti in Africa, lungo le coste occidentali. Alcuni gruppi si spingono ancora più a sud, per trascorrere l’inverno nel lontano Sudafrica.

A rendere inconfondibile la Sterna comune da altre specie simili è soprattutto la conformazione della coda, particolarmente lunga e di forma biforcuta. Un “accorgimento” che permette a questo uccello di volare in modo particolarmente abile – alcune manovre mozzafiato ricordano da vicino il volo delle rondini – mentre anche l’ampia apertura alare, anche superiore agli 80 cm, fa da contrasto a dimensioni dopotutto modeste, meno di 40 cm in lunghezza compresa la coda.

 

Prospettive

La Sterna comune è una specie ben conosciuta e monitorata. Alcune popolazioni sono state studiate ancor più nel dettaglio, come per esempio, in Italia, quella del Po e della Laguna di Venezia (arrivando per esempio a stabilire anche la dimensione ottimale delle colonie che qui trovano il loro habitat di nidificazione). Per stabilire target di conservazione il più possibile accurati vengono in aiuto anche studi internazionali su tasso riproduttivo e mortalità, dai quali emerge ad esempio che almeno il 14,3% degli individui giovani sopravvive fino alla riproduzione, mentre la mortalità negli adulti si aggira attorno all’8% l’anno. Sulla base di questi parametri, si possono poi individuare le due principali popolazioni della specie presenti in Italia, quella continentale e quella sarda. Per la prima non è possibile stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), trattandosi di specie coloniale con una popolazione superiore alle 2.500 coppie . Per quanto riguarda la popolazione sarda, dall’andamento sostanzialmente fluttuante seppure orientato al generale incremento, si è ritenuto di calcolare la Minima Popolazione Vitale prendendo in considerazione scenari relativamente poco favorevoli in termini sia di mortalità sia di successo riproduttivo: se ne ricava un valore pari a 3.150-3.200 individui, corrispondenti a circa 1.500 coppie. Se questo target può essere proposto come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la popolazione sarda, appare chiaro come l’attuale consistenza delle colonie sia ancora abbastanza distante da tale valore, suggerendo cautela nell’interpretazione di un andamento che, su base storica, si è dimostrato tutto sommato positivo. Analoghe considerazioni possono valere per lo scenario continentale, dove a un trend generale orientato alla stabilità o al moderato incremento si accompagnano fluttuazioni locali anche vistose. In tutte queste situazioni sarebbero necessari interventi per favorire la ripresa delle popolazioni in calo, tutelando adeguatamente i siti di nidificazione e dove necessario intervenendo direttamente per incrementare la “disponibilità ambientale” di siti idonei. Il problema, per esempio, della totale regimazione dei fiumi che ha causato la scomparsa di molti dei siti idonei per costruire il nido, potrebbe essere parzialmente risolto mediante la posa di zattere galleggianti per favorire la nidificazione. Una misura già testata, con buoni risultati, sia in Italia sia in Europa. Come target di conservazione a breve-medio termine possono in ogni caso essere considerati i valori più alti registrati dalle popolazioni nei diversi settori di presenza: raggiungerli significherebbe, in pratica, avere annullato o limitato gli effetti delle fluttuazioni registrate a livello locale, potendo quindi guardare al futuro di questa specie con maggiore ottimismo.

Minacce

La popolazione di Sterna comune italiana ha sofferto in passato di gravi problemi di conservazione dovuti alle condizioni riscontrate nelle aree di svernamento africane. Questo a causa della persecuzione diretta tradizionalmente in uso presso i Paesi africani che si affacciano sull’Atlantico. Positivi e intensi interventi di sensibilizzazione e conservazione hanno portato a una netta diminuzione di questa attività illegali. A livello nazionale, pur in una situazione generale di stabilità delle popolazioni, hanno giocato a sfavore della specie singoli eventi sfavorevoli, responsabili di alcuni importanti decrementi registrati a livello locale. A Venezia, per esempio, dove le cattive condizioni meteorologiche hanno causato la perdita di centinaia di nidi nel 1996. Trend negativi importanti hanno interessato anche il medio e alto corso del Po, mentre la popolazione sarda della specie pare aver conosciuto un generale incremento, passando dalle 150-240 coppie della prima metà degli anni Ottanta alle 450 del 1995. Dal punto di vista delle esigenze ecologiche, la specie mostra una buona adattabilità a tutta una serie di ambienti acquatici che vanno dalle aree costiere ai fiumi interni, pur evitando accuratamente acque gelate e siti troppo esposti alle intemperie, così come aree a vegetazione troppo densa o fitta. Durante la nidificazione, la Sterna comune si dimostra particolarmente sensibile al maltempo, alle inondazioni, all’eventuale eccessiva presenza di predatori, nonché al disturbo da parte dell’uomo. La disponibilità di acque basse per il foraggiamento e di isolotti per la nidificazione, sembrano essere le principali caratteristiche che influenzano la presenza della specie, che può essere gravemente minacciata sia da modificazioni dell’habitat riproduttivo sia, più in generale, dal disturbo arrecato dalle attività umane. In Italia, in particolare, la specie soffre la quasi totale “regimazione” degli alvei dei fiumi, che causano la drastica riduzione di isolotti, spiagge e sponde ghiaiose prive di vegetazione, che rappresentano i siti riproduttivi più importanti della specie.

 

Stato di salute

Attualmente la Sterna comune è classificata nell’Unione Europea come sicura, e anche a livello continentale questa specie mostra uno stato di conservazione favorevole. Generalmente stabili tra il 1970 e il 1990, le popolazioni hanno mantenuto la propria consistenza numerica – pari a 140-190mila coppie nell’Ue – pressoché invariata anche nel decennio successivo. La popolazione comunitaria corrisponde a una frazione compresa fra un terzo e la metà di quella continentale, che potrebbe raggiungere le 570mila coppie. Solo poco più dell’1% – il 3% su scala comunitaria – nidifica in Italia, e cioè, in base agli ultimi censimenti, 4-6mila coppie, relativamente stabili tra il 1990 e il 2000. Non molte, per la verità, le segnalazioni di individui “esteri”, con le ricatture di soggetti inanellati provenienti principalmente dalle coste atlantiche, dalla spagna fino all’Africa. In massima parte si tratta di individui che hanno scelto l’Italia quale zona di passaggio per raggiungere i quartieri di svernamento: difficilmente sorvolando il Mediterraneo in linea retta, ma nella maggior parte dei casi seguendo le coste del “Mare Nostrum” e scavalcando il continente nei pressi di Gibilterra. Attualmente, l’area principale di presenza della specie nel nostro Paese comprende le coste dell’Alto Adriatico, dove sono stimate dalle 1.194 alle 1.358 coppie, nidificanti tra il bacino del Reno e quello dell’Isonzo. La tendenza è al generale aumento in tutte i siti considerati, a cui va aggiunta la recente colonizzazione della pianura bolognese in seguito al ripristino di alcune zone umide. A fronte di generale stabilità o incremento vanno però segnalate alcune evidenti fluttuazioni locali, compresi decrementi importanti quali quelli che hanno interessato la parte di laguna aperta di Venezia e, più di recente, le Valli di Comacchio.

Canto

Piumaggio grigio perla, becco e zampe rosso corallo. E in più quella lunga coda, capace di far compiere a questo uccello anche le manovre più azzardate. Oltre a osservarlo in volo, anche ascoltarlo può essere un’esperienza interessante. La specie – abituata a raggrupparsi in colonie anche piuttosto numerose – presenta infatti diversi tipi di richiamo: uno, più rapido e acuto, durante la “sfida” per il corteggiamento. L’altro, molto più simile a un allarme prolungato, quando la Sterna comune si sente minacciata.

 

Abilissima nel volo, è in grado di compiere tuffi spettacolari per procurarsi il cibo. Questo grazie all’apertura alare, molto ampia per un uccello dalle dimensioni dopotutto modeste, e soprattutto grazie alla lunga coda biforcuta, che permette alla Sterna comune un controllo assoluto delle “manovre di volo”. Un’abilità che ricorda molto da vicino quella delle rondini. Anche per questo, la Sterna comune è a volte conosciuta con il nome di “Rondine di mare”…

 

Fonte: www.uccellidaproteggere.it

 

Fonte : www.uccellidaproteggere.it